domenica 3 marzo 2013

Scatola in legno decorata





 
 


Scatola in legno pirografata con illustrazioni sulle storie dei paladini.
Misura h10xla13xlu20
Ottima idea regalo da confezionare con dolci tipici siciliani.
Disponibili anche misure più piccole o più grandi

La cassata siciliana

"Tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri pasqua" ("Meschino chi non mangia cassata la mattina di Pasqua").

La cassata è una torta tradizionale siciliana a base di ricotta zuccherata, pan di Spagna, pasta reale, frutta candita e glassa di zucchero. Nonostante l'apparente "semplicità" della ricetta, esistono innumerevoli varianti locali. Specialmente l'aspetto esteriore può variare da una scarna decorazione di glassa e un po' di scorza d'arancia candita fino a una opulenta costruzione baroccheggiante con perline colorate e una mezza dozzina di frutti canditi diversi. Sempre secondo le varianti locali, ci possono essere ingredienti aggiuntivi, come pistacchio, pinoli, cioccolato, cannella, maraschino o acqua di zagara.

Un po' di storia

Questa torta, fu tramandata nei secoli come specialità araba a causa del suo nome, Quas’at, ovvero la casseruola di forma circolare cilindrica e svasata sotto, in cui veniva e viene tutt’oggi preparata. Sfarzosa da vedere per le sue tonalità, per le decorazioni di frutta candita che risaltano sul bianco della glassa, per la sua forma che richiama il sole, simbolo della vita, e che la pone come dolce della festa di Resurrezione. Secondo la leggenda la Cassata venne creata per la prima volta da un contadino arabo, che la preparò con formaggio fresco e canna da zucchero e la chiamò Quas’at proprio per il nome della casseruola dove l’aveva lavorata. In seguito fu migliorata dai cuochi dell’Emiro, che ricoprirono con pasta di pane la tuma zuccherata con zucchero di canna e la infornarono. Divenne così famosa da essere inserita nel vocabolario latino siciliano di Angelo Senisio, dove al vocabolo Cassata risponde la dicitura “cibo composto da pane e formaggio. Le radici della cassata risalgono appunto alla dominazione araba in Sicilia (IX-XI secolo). Nel periodo normanno, a Palermo presso il convento della Martorana, fu creata la pasta reale o Martorana, un impasto di farina di mandorle e zucchero, che, colorato di verde con estratti di erbe, sostituì la pasta frolla come involucro. Si passò così dalla cassata al forno a quella composta a freddo. Gli spagnoli aggiunsero il cioccolato e il pan di Spagna. Durante il periodo barocco si usarono infine i canditi. Inizialmente la cassata era un prodotto della grande tradizione dolciaria delle monache palermitane di S. Maria in Valverde ed era riservata al periodo pasquale. Un documento ufficiale di un sinodo dei vescovi siciliani a Mazara del Vallo, nel 1575, afferma che la cassata è "irrinunciabile durante le festività". La Cassata siciliana dei giorni nostri fu creata da un pasticciere, il Cavaliere Salvatore Gulì, la cui pasticceria era ubicata in Corso Vittorio Emanuele, nei pressi di Palazzo Belmonte. Famosa era questa pasticceria per la creazione della “zuccata” (che un tempo veniva preparata dalle suore della Badia del Cancelliere di Palermo), che il pasticciere utilizzò per decorare la Cassata siciliana. La torta, così decorata, fu esposta per la prima volta ad una esposizione di Vienna, nel 1873

Anna Squatrito - Copyright 2011 - E' vietato l'utilizzo totale o parziale del testo

Il "pupo" con l'uovo

Dolce di pasta frolla ricoperto di glassa di zucchero e codette, all'interno del quale viene messo un uovo sodo. Anticamente venivano realizzati a forma di "pupo", e l'uovo ne costituiva la "pancia".

La pecorella di Pasqua

Costituisce uno dei dolci più rappresentativi della Sicilia, dove i maestri pasticcieri lavorano la mandorla in maniera artigianale con il miele, fino ad ottenere una pura pasta di mandorla, che può inoltre essere aromatizzata al limone o all'arancia oltre che essere ricoperta di zucchero a velo. Una delle più note applicazioni dolciarie della pasta di mandorle è la cosiddetta "pecorella pasquale", confezionata appunto nel periodo di Pasqua.
Ingredienti: farina di mandorle, glucosio, zucchero, acqua, aroma di mandorla
Disponibile in confezione da gr 100 - gr 200 - gr 300 - gr 400 - gr 500 - gr 800

giovedì 22 novembre 2012

Pan Pistacchio - Panettone al pistacchio di Bronte DOP

Per un Natale al pistacchio, con granella e crema nella loro massima espressione.

Ingredienti: farina di grano tenero tipo 0, zucchero, burro, tuorlo d'uovo, pistacchio (15%), crema di pistacchio (25%) granella di pistacchio, cioccolato bianco, lievito naturale, latte magro in polvere. Peso netto gr 900

Croccanti al pistacchio di Bronte DOP

Il pistacchio si fa dolce e croccante, in sfoglie tutte la gustare. La confezione contiene 10 croccanti imbustati singolarmente. Gr 100
Spedizione in tutta Italia con corriere UPS

Torrone morbido e torroncini al Pistacchio di Bronte DOP

Morbidi torroni realizzati con pistacchio, zucchero, miele, glucosio, albume di uovo e vaniglia, secondo la lavorazione tradizionale. Peso netto gr 150

I torroncini offrono, all'interno di una morbida sensazione cremosa, la croccante sorpresa dei pistacchi di Bronte, fragranti e profumati, unici per gusto e qualità

Peso netto gr 250
Spedizione in tutta Italia con corriere UPS

Dolcetti di Pistacchio di Bronte DOP

La selezione dei pistacchi e la qualità della lavorazione donano a questi dolcetti un gusto particolare e aromatico. Morbide, fragranti, dal profumo inconfondibile, sono dei piccoli piaceri ottenuti dalla raffinazione e cottura del pistacchio, zucchero, miele e albume di uovo. Non contengono altri ingredienti. Confezionate singolarmente per una migliore conservazione del prodotto. Scadenza 2 mesi dalla data di produzione
Spedizioni in tutta Italia con corriere UPS

Crema di Pistacchio di Bronte DOP

Questa eccezionale crema di pistacchio ha dentro tutto l'aroma e il gusto di pistacchi selezionati e lavorati con cura. Ideale per la preparazione di dolci e pasticcini, ottima da gustare anche sul pane o sulla brioche. Contiene pistacchio di Bronte (30%), zucchero, grassi vegetali, latte magro in polvere, lattosio, proteine del latte, emulsionate. Scandenza 12 mesi dalla data di produzione. Conservare in luogo fresco e asciutto.

Confezione: vasetti da 90gr - 190 gr - 1 kg
Spedizione in tutta Italia con corriere UPS

Pesto di Pistacchio di Bronte DOP

Ideale per condire, regalando ai vostri piati un gusto delicato e al tempo stesso ricco. Può essere utilizzato anche per uno snack veloce come delle bruschette o dei crostini. Ottimo per un aperitivo. Prodotto con ingredienti semplici e genuini. Contiene 85% di pistacchio di Bronte DOP, olio di semi, sale e pepe. Scadenza 12 mesi dalla data di produzione.

Confezione: vasetto da gr 90 - gr 190 - kg 1
Spedizione in tutta Italia con corriere UPS

Farina e Granella di Pistacchio di Bronte DOP

Dal pistacchio di Bronte D.O.P. questi utilissimi derivati.

La farina di pistacchio, ottima per la preparazione di torte, dolci e biscotti

La granella di pistacchio per succulente decorazioni ai vostri dolci.

Disponibili in confezioni da gr 100 o da 1 kg in busta sottovuoto per una migliore conservazione del prodotto
Spedizione in tutta Italia con corriere UPS

Il pistacchio di Bronte DOP

 
Pistacchi freschi di qualità superiore selezionati singolarmente, non salati, non secchi, raccolti nell'arco del mese di settembre.

In guscio, sgusciato o pelato

Assapora il gusto del pistacchio di Bronte DOP

Disponibile in confezioni da gr 100 o da 1 kg

Buste sottovuoto per una migliore conservazione del prodotto
Spedizione in tutta Italia con corriere UPS

I "pupi siciliani"

I classici "pupi siciliani" nelle cinque figure principali: Angelica, Carlo Magno, Orlando, Rinaldo, il Saraceno
Realizzati artigianalmente con armatura in ottone e testa in legno, dipinti a mano



Misure:
cm 20
cm 25
cm 35
cm 50
cm 70

Spedizioni in tutta Italia con corriere UPS

Borse in paglia decorate

Simpatiche borse in paglia, realizzate a mano, decorate con i tipici colori dei carrettini siciliani.
Misure:
cm 14x9
cm 18x12

Spedizioni in tutta Italia con corriere UPS

Tamburelli siciliani

Tamburelli siciliani, prodotti artigianalmente e dipinti a mano, con tema: mappa Sicilia, tarantella, carrettino.
Diametro:
cm 23
cm 20
cm 15
cm 11
cm 5

Spedizioni in tutta Italia con corriere UPS

Carrettino in confezione cellophane

Carrettino in confezione cellophane
Misure:
cm 16 x 13
cm 20 x 16
cm 27 x 19
Spedizioni in tutta Italia con corriere UPS

Carrettino in legno con cavallo in cartapesta

Carrettino siciliano in legno, prodotto artigianalmente e dipinto a mano, con cavallo di cartapesta.
Misura: cm 18x12
Spedizione in tutta Italia con corriere UPS

Carrettini siciliani in legno

Carrettino siciliano in legno, prodotto artigianalmente, dipinto a mano
Misure:
Art. 21 lusso  cm 15x13
Art.22 lusso   cm 20x16
Art.23 lusso   cm 27x19
Art.24 lusso   cm 35x25
Art. 25 lusso  cm 42x27

Consegne in tutta Italia con corriere UPS

Carrettini siciliani in cartone e legno

Carrettino siciliano in cartone e legno dipinto a mano e prodotto artigianalmente.
Misure:
art. 21  cm 15x13
art.22  cm 20x16
art. 23 cm 27x19

Spedizione con corriere UPS in tutta Italia

Scatola decorata in legno

Scatola decorata in legno, dipinta a mano, con i temi dei carretti siciliani e le storie dei paladini
Misure: h 10cm - la 13cm  - lu 20cm
Da riempire con i dolci da voi scelti per un regalo unico ed originale.
Spedizione in tutta Italia con corriere UPS

giovedì 14 luglio 2011

14 e 15 luglio: il Festino di S. Rosalia e il Gelato di Campagna

Il mese di Luglio per i palermitani è il mese del "Festino", dedicato alla patrona, a Rosalia, figlia di Sinibaldi, signore della Quisquinia e delle Rose, che la leggenda e la fantasia popolare vogliono abbia abbandonato gli splendori della corte normanna di Guglielmo I per vivere in ultimo eremitaggio sul Monte Pellegrino.
Santa Rosalia, le cui ossa rinvenute in una grotta del monte, fecero cessare la peste che imperversava in Palermo nell'anno 1624.
Per tale patrona non potevano quindi mancare feste proporzionate al suo rango. E così, a partire dal 1625 e salvo rarissime eccezioni, il famoso "festino" di S. Rosalia, della durata di tre, quattro, o cinque giorni, diede luogo a manifestazioni il cui ricordo oggi rimane attraverso le relazioni che il Senato palermitano annualmente dava alle stampe.
E gli ingredienti da manipolare per colmare queste interminabili cinque giornate non mancavano: la cavalcata, il carro trionfale, grandi altari apparecchiati ai Quattro Cantoni, il gioco di fuoco a mare a Porta Felice, l'illuminazione delle piramidi nelle strade Toledo e Maqueda, la corsa dei cavalli nel Cassaro ed infine la processione dell'urna argentea contenente le ossa della Santa.
Ogni civica amministrazione - allora detta Senato - cercava di superare la precedente, sperimentando qualche nuovo "marchingegno" per sbalordire il popolo palermitano.
Nel 1751 i giorni del festeggiamento divennero addirittura cinque, per ringraziare la Santa che aveva protetto la città dai dannni del terremoto di quell'anno. E in una città dove calamità naturali impedite o mitigate per intercessioni di Santi non mancavano, si rischiava di fare festino tutto l'anno.
Nè valeva la mente illuminata di qualche Vicerè come Caracciolo, che nel 1793 aveva ben pensato di riportare la durata di quelle feste ai tre giorni originari, destinando le economie che ne sarebbero risultate ad altri usi. Ma la reazione fu feroce e non solo quella popolare. Ed il popolo fece trovare sul piano del palazzo reale alcuni cartelli con scritto su "o festa o testa", per cui il Caracciolo, che era riuscito ad abolire il Tribunale della Santa Inquisizione, si dovette invece rassegnare a metter da parte la idea relativa al Festino.
Da più di un secolo il Festino ha perduto la sua antica magnificenza. Le giornate ritornarono ad essere tre, e ciò che rimase delle antiche manifestazioni andò via via perdendo l'originario splendore. Scomparvero le "corse dei Berberi", ovvero le corse con i cavalli su cui montavano alcuni ragazzi senza sella e senza staffa che si svolgevano lungo il Cassaro nel secondo, terzo e quarto giorno. Al vincitore veniva data in premio un'aquila di legno dorato, alla quale erano attaccate delle monete d'argento. 
Ma l'elemento più coreografico del Festino era il carro trionfale. Contrariamente a quanto molti ritengono, il primo carro venne costruito soltanto nel 1686, sessantadue anni dopo il rinvenimento delle ossa di S. Rosalia sul Monte Pellegrino. Aveva la forma di una grande barca sormontata da una composizione architettonica, in cima alla quale, tra nuvole ed angeli, troneggiava la statua della Santa. Ogni anno si procedeva al montaggio della macchina che nella parte superiore veniva variata, ogni anno, secondo il disegno dei più illustri architetti del Senato palermitano. Il carro era trainato da muli - generalmente 40 o 50 - montati da postiglioni vestiti di rosso. Dopo il 1822, i muli furono sostituiti da buoi. La monumentale macchina, la prima giornata del Festino entrava da Porta Felice facendo l'acchianata (la salita) sino al piano del Palazzo Reale. La sera del giorno successivo, sfarzosamente illuminata, faceva la scinnuta (discesa), percorrendo il Cassaro in senso inverso e si andava a fermare nuovamente lungo la passeggiata alla Marina.
La tradizione del carro fu sospesa durante i lavori di pavimentazione del Cassaro, e solo dopo trentotto anni, nel 1896, fu ripresa per iniziativa di Giuseppe Pitrè. Lo si ricostruì su disegno di quello del 1857, alto trenta metri, lungo ventidue, largo quattordici. Non potè percorrere il Cassaro per la scarsa resistenza della struttura stradale, e fu fatto avanzare, tirato da un trattore, lungo le vie Libertà e Ruggero Settimo fino a Piazza Verdi. Anche qeusto carro ebbe vita breve e bisognò attendere il 1924, terzo centenario del rinvenimento delle ossa della Santa, per avere un altro carro, questa volta in posizione fissa a Piazza Castelnuovo. La macchina era alta venticinque metri, lunga venti e larga dieci. Il carro venne illuminato con centinaia di lampade policrome e su di esso fu celebrata la messa solenne alla presenza di una marea di popolo.
Poi fino al 1958 non vi fu più il carro, quando ne venne costruito uno fisso alla Marina. Bisogna arrivare al 1974, al 350° anniversario del Festino, quando venne costruito un carro su ispirazione delle forme settecentesche. La gigantesca macchina fa per ben due volte la discesa dell'antico Cassaro, per sostare infine nel terrapieno del Foro Italico. Negli anni successivi è stato utilizzato sempre lo stesso carro, vanificando quindi la tradizione di un carro diverso ogni anno, come si faceva un tempo.
Oggi il Festino non è più come una volta, anche se si cerca di imitare l'organizzazione della festa del settecento: viene fatto un carro, non maestoso come quello di un tempo, che fa la discesa fino alla Marina, dove viene accolta da fuori d'artificio sul mare. Qui il carro sosta fino al 15 luglio, giorno in cui la Santuzza esce dalla Cattedrale nella sua urna di argento massiccio ed in processione va per tutto il quartiere, seguita dal popolo palermitano.
Ciò che non è cambiato sono invece le tradizioni culinarie: e d'obbligo, la sera del 14 ed il successivo 15 luglio, mangiare presso i tavolini preparati alla Marina i babbalùci (lumache) condite con olio, aglio e prezzemolo, le fette di anguria ghiacciata, e il Gelato di Campagna, una sorta di torrone che si scioglie in bocca come un gelato e che riporta i colori del tricolore italiano: rosso, bianco e verde. (v. post sul blog: Il gelato di Campagna e l'Unità d'Italia)
Potete acquistare il Gelato di Campagna presso Sorsi & Sapori - mail: sorsiesapori@libero.it - sito web: http://sorsiesapori.xoom.it/
Tratto da Alla scoperta della tua città - di Rosario La Duca - Edizioni Ristampe siciliane
Nella foto: il carro di Santa Rosalia del 1836

Il Limone siciliano

Parlare in poche righe delle proprietà ed usi di uno dei frutti più importanti della tradizione siciliana sarebbe impossibile. Ci limiteremo qui a ricordare che il suo succo contiene acido citrico, vitamina C, acido malico, glucidi, sali, minerali, oligoelementi, ecc. e che, tanto per citare, esso vanta proprietà toniche, aromatizzanti, digestive, antisettiche, vitaminizzanti.
In caso di influenza, malattie infettive, anemie, nausea, reumatismi, inappetenza, bronchiti, arteriosclerosi, digestioni difficili, si consumi succo di limone in quantità opportune secondo le esigenze e la tollerabilità individuale, magari al mattino.
Contro il colesterolo si consumi il succo di 1/2 limone diluito nell'acqua il primo giorno e, aumentando le dosi giornaliere di 1/2 limone, si prosegua per due settimane. Il succo del limone si utilizza anche esternamente per frizionare o disinfettare punture d'insetti, piccole ulcere, piaghe e ferite.

Il limone è un alberello sempreverde con corteccia liscia, ha foglie picciolate, appuntite, di forma larga ed ellittica a margine seghettato. I fiori, posti all'ascella fogliare, sono di color bianco all'interno e sovente rosato all'esterno. La fioritura varia a seconda delle zone di coltivazione, dalla primavera all'estate.
Il frutto è un esperidio di forma ovale, con scorza più o meno sottile, verde da giovane e di color giallo citrino a maturità, talvolta con una superficie irregolare, bitorzoluta. La pianta può raggiungere i 10 mt di altezza.
Originario dell'Asia, il limone si è diffuso nell'area meridionale e naturalmente in Sicilia, oltre che in zone dell'Italia meridionale con clima analogo.

Il limone trova vastissimo uso nella cucina siciliana, per aromatizzare e rendere più diferibili i cibi e per preparare bevande dissetanti.
Sorsi & Sapori lo propone nelle vesti di:
Marmellata artigianale al Limone - 70% di frutta e zucchero - in confezioni da gr 220  e da gr 360
Liquore artigianale al Limone in confezioni da 10 cl e da 50 cl
Pasta per la preparazione di gelati e granite siciliane al limone - in confezione da 1 Kg e da 1/2 Kg
Contattare Anna Squatrito - sito web http://sorsiesapori.xoom.it/ - mail: sorsiesapori@libero.it - Cell. 3319087074

lunedì 11 luglio 2011

Il gelsomino siciliano

Una leggenda araba diceva che il profumo del Paradiso era il gelsomino: la sua fragranza, nelle calde notti siciliane, è persistente ma nel contempo delicata e gradevole.

Da sempre simbolo dell'amore divino, fu introdotto in Sicilia appunto durante la dominazione araba, ed adoperato da questi per diversi usi alimentari, tramandati fino ad oggi.

Il gelsomino è un arbusto rampicante, appartenente alla famiglia delle Oleacee, e vanta più o meno 300 varietà. Quello di cui ci occupiamo è il gelsomino siciliano bianco.

Sempreverde e dal fusto legnoso e sottile, può raggiungere anche i 4 metri d'altezza. Il periodo di fioritura è quello estivo. I fiori, piccoli e bianchi, sono composti da 5 petali e sempre molto numerosi e dal profumo intenso, in modo particolare di notte. Per moltiplicarne la coltivazione, con il metodo della talea, è bene incidere i rami più vecchi solo dopo la fioritura.

Spesso usata come pianta ornamentale, il gelsomino è anche conosciuto per le sue qualità terapeutiche. Per esempio, può essere impiegato come sedativo mettendo sali profumati al gelsomino nell'acqua del bagno. Agisce anche sull'attività cerebrale e psichica della persona, contribuendo a rendere il carattere più costruttivo e fermo. Agevola il flusso sanguigno della zona pelvica contrastando i fastidi della sindrome premestruale; durante il ciclo allevia i dolori sciogliendo le tensioni. Utilizzato in cosmesi, tonifica e previene l'invecchiamento della pelle.

Come lo utilizzavano gli arabi in Sicilia? Essi usavano bere nelle calde giornate estive una bevanda gelata con la neve (trovata alle pèndici di alte vette palermitane) e preparata con zucchero di canna, e infuso di gelsomino: lo “Sciarbat”, sorbire, da cui deriva l’attuale Sorbetto. Uno dei sorbetti più famosi, di cui i pasticcieri palermitani hanno gelosamente conservato la ricetta, e che ancora oggi viene consumato dai siciliani e dai turisti curiosi di questo strano sapore nelle estati siciliane.

Altro impiego alimentare del gelsomino è l’aggiunta dei piccoli fiori nel “gelo di mellone”, tipica gelatina di anguria preparata nel palermitano.

Sorsi & Sapori vi dà la possibilità di “gustare” il gelsomino siciliano con:
Pasta per gelati e granite al gusto di gelsomino, per preparare in casa vostra la famosa e antichissima granita siciliana al gelsomino, utilizzando soltanto 40 gr di pasta in un lt di acqua e gr 200 di zucchero o per insaporire con l’aroma di gelsomino il vostro gelo di mellone utilizzando soltanto ½ cucchiaino da caffè

Il Cioccolato modicano al gelsomino: al cioccolato modicano ed alla sua storia dedicheremo un post. Vi consigliamo intanto di gustarlo, per il suo sapore unico, nato dall’incontro del forte aroma del cacao con il sapore delicato del gelsomino. Tavoletta da gr 100

Acquistate la pasta per gelato al gelsomino e il cioccolato modicano al gelsomino presso Sorsi & Sapori: http://sorsiesapori.xoom.it/

Anna Squatrito

martedì 5 luglio 2011

Il fico d'India

Sorsi & Sapori propone il Fico d'India nelle seguenti varianti:
Marmellata artigianale di Fico d'India - 70% di frutta, zucchero, succo di limone, prodotta artigianalmente secondo le antiche ricette siciliane.
Il Liquore di Fico d'India, ottimo consumato freddo o sul gelato.
La pasta per gelato al Fico d'India, per realizzare a casa vostra la famosa granita siciliana al fico d'India o ottimi gelati.
Vi illustriamo adesso la storia ma soprattutto la squisitezza e le proprietà terapeutiche di questo famosissimo frutto siciliano

Il fico d'India o ficodindia (Opuntia ficus-indica) è una pianta della famiglia delle Cactaceae, originaria del Messico ma naturalizzata in tutto il bacino del Mediterraneo e nelle zone temperate di America, Africa, Asia e Oceania. Trova inoltre il suo habitat ideale in Sicilia, Sardegna, Calabria e Salento. Molto apprezzato nel palermitano, è divenuto il simbolo dei paesaggi siciliani.
Nel periodo di fine estate ed inizio autunno, non è difficile imbattersi, negli antichi rioni di Palermo, i venditori di fichi d’India che, estraendo i frutti da un contenitore di acqua gelida, utile per rendere neutre le spine di cui sono pieni, li taglia con maestria per servire gli avventori.
Il Fico d’India viene classificato in base al colore della polpa ed al periodo di maturazione. Vi sono quelli dalla polpa rosso porpora nella varietà sanguigna, quelli dalla polpa bianca (in verità verde pallido) nella varietà “muscaredda”, quelli dalla polpa giallo-arancia nella varietà “sulfarina”.
I frutti che maturano ad agosto vengono chiamati “Agostani”, e sono un po’ più piccoli rispetto a quelli maturati a Settembre, chiamati “bastardoni” , dal sapore più appetitoso. I fruttivendoli siciliani consentono al consumatore di acquistare il frutto già sgusciato: importante è tenerli in frigo poiché vanno gustati freddi.
In Italia il 90% della superficie coltivata a fico d'India è localizzata in Sicilia, il rimanente 10% in Puglia, in Calabria ed in Sardegna. In Sicilia, oltre il 70% delle colture si concentrano in 3 aree: la zona collinare di San Cono, il versante sud-orientale delle pendici dell' Etna e la Valle del Belice
Storia
Il fico d’India è nativa del Messico. Da qui, nell'antichità, si diffuse tra le popolazioni del Centro America che la coltivavano e commerciavano già ai tempi degli Aztechi, presso i quali era considerata pianta sacra con forti valori simbolici. Una prova sicura dell'importanza di questa pianta negli scambi commerciali è fornita dal Codice Mendoza. Questo codice include una rappresentazione di tralci di Fico d’India dalla quale veniva estratto il carminio, pregiato colorante naturale. La pianta arrivò in Europa intorno al 1493, anno del ritorno a Lisbona di Cristoforo Colombo.
La prima descrizione dettagliata risale comunque al 1535, ma fu Miller, nel 1768, a definire la specie Opuntia ficus-indica, denominazione tuttora ufficialmente accettata.
In Europa la pianta oltre che per i suoi frutti, fu utilizzata per l'allevamento della cocciniglia del carminio, ottimo colorante naturale, ma si dovette aspettare sino al XIX secolo perché il tentativo avesse successo nelle isole Canarie. Agli inizi restò pertanto una curiosità da ospitare negli orti botanici. La sua diffusione si dovette sia agli uccelli, che mangiandone i frutti ne assicuravano la dispersione dei semi, sia all'uomo, che le trasportava sulle navi quale rimedio contro lo scorbuto. In nessuna altra parte del Mediterraneo il ficodindia si è diffuso come in Sicilia, grazie anche alle condizioni climatiche ottimali per la pianta, dove oltre a rappresentare un elemento costante nel paesaggio naturale, è divenuto anche un elemento ricorrente nelle rappresentazioni letterarie e iconografiche dell’isola, fino a diventarne in un certo qual modo il simbolo.
Fu introdotto nell’Isola, durante la dominazione spagnola intorno all’anno 1560. Veniva e viene tutt’ora utilizzata dai contadini per delimitare i propri poderi, grazie alla struttura spinosa della pianta.
In tempo di carestia qualcuno ne scoprì la bontà del frutto, che fu addirittura considerato “il pane dei poveri” , a dispetto delle spine e dei semi.

Descrizione
Il fusto è composto da cladodi, (ramo trasformato, spesso di consistenza coriacea, che assume l’aspetto e la funzione di una foglia) comunemente denominati pale: si tratta di fusti modificati, di forma appiattita e ovaliforme, lunghi da 30 a 40 cm, larghi da 15 a 25 cm e spessi 1,5-3,0 cm, che, unendosi gli uni agli altri formano delle ramificazioni. I cladodi assicurano la fotosintesi clorofilliana. Sono ricoperti da una cuticola cerosa che limita la traspirazione e rappresenta una barriera contro i predatori. I cladodi basali, intorno al quarto anno di crescita, vanno incontro a lignificazione dando vita ad un vero e proprio tronco. Le vere foglie hanno una forma conica e sono lunghe appena qualche millimetro. Appaiono sui cladodi giovani e sono transitorie. Alla base delle foglie si trovano le areole (piccola zona circolare, con confini ben delineati, che si differenzia dai tessuti circostanti per una diversa colorazione), circa 150 per cladode, che sono delle ascelle modificate tipiche delle Cactaceae. Per ascelle intendiamo la porzione costituita dall'angolo fra un ramo o un picciolo e il fusto dal quale nasce. Il tessuto melismatico dell'areola, responsabile della crescita della pianta, si può differenziare, secondo i casi, in spine e glochidi. Le spine propriamente dette sono biancastre, solidamente impiantate, lunghe da 1 a 2 cm. I glochidi sono invece sottili spine lunghe alcuni millimetri, di colore brunastro, che si staccano facilmente dalla pianta al contatto, ma essendo muniti di minuscole scaglie a forma di uncino, si impiantano solidamente nella cute e sono molto difficili da estrarre, in quanto si rompono facilmente quando si cerca di toglierle. Da notare che anche il ricettacolo fiorale, e dunque il frutto, è coperto da areole da cui si possono differenziare sia nuovi fiori che radici.
La radice è superficiale, non supera in genere i 30 cm di profondità nel suolo, ma di contro è molto esteso. I fiori sono a ovario infero e uniloculare, dai petali ben visibili e di colore giallo-arancio. I fiori nascono generalmente sui cladodi di oltre un anno di vita, più spesso sulle areole situate sulla sommità del cladode o sulla superficie più esposta al sole. All'inizio, per ogni areola, si sviluppa un unico fiore. I fiori giovani portano delle foglie temporanee, caratteristiche della specie.
Un cladode fertile può portare sino a una trentina di fiori, ma questo numero varia considerevolmente in base alla posizione che il cladode occupa sulla pianta, alla sua esposizione e anche in base alle condizioni di nutrizione della pianta.
Il frutto è una bacca carnosa, uniloculare, con numerosi semi (polispermica), il cui peso può variare da 150 a 400 g. Il colore è differente a seconda delle varietà: giallo-arancione nella varietà sulfarina, rosso porpora nella varietà sanguigna e bianco nella muscaredda. La forma è anch'essa molto variabile, non solo secondo le varietà ma anche in rapporto all'epoca di formazione: i primi frutti sono tondeggianti, quelli più tardivi hanno una forma allungata e peduncolata. Ogni frutto contiene un gran numero di semi, nell'ordine di 300 per un frutto di 160 g.
Usi alimentari
Il fico d’India ha un notevole valore nutrizionale essendo ricco di minerali, soprattutto calcio, fosforo e di vitamina C. La risorsa alimentare più pregiata è rappresentata dai frutti, chiamati fichi d'India, che oltre ad essere consumati freschi, possono essere utilizzati per la produzione di succhi, liquori, gelatine, marmellate, dolcificanti ed altro.
Anche le pale, possono essere mangiate fresche, in salamoia, sottoaceto, canditi, sotto forma di confettura. Vengono utilizzate anche come foraggio per gli animali.
Famose e molteplici anche le proprietà terapeutiche del fico d’India: diuretico, cicatrizzante, buono contro il diabete, toccasana contro lo scorbuto, tagliato a fette e disposto a colare, il succo del frutto con l’aggiunta di zucchero è efficace per la cura della tossi catarrali.
Dalle antiche ricette siciliane si è ereditato l’uso dell’infuso dei fiori di ficodindia, che facilita la diuresi, l’infiltrazione renale, ed unito alla malva viene utilizzato per curare le infiammazioni.
Anche le pale, spaccate ed infornate, vengono usate per curare angine, tonsilliti, febbri malariche e come cataplasmi per lussazioni, slogature e contusioni.
Se consumato in quantità eccessive può causare occlusione intestinale meccanica dovuta alla formazione di boli di semi nell'intestino crasso. Pertanto questo frutto va mangiato in quantità moderata e accompagnato da pane.
In Sicilia i fichi d'india sono inseriti tra i Prodotti agroalimentari tradizionali siciliani riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, su proposta della Regione Siciliana.

Anna Squatrito - Copyrught 2010 - E' vietato l'uso totale o parziale del testo