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martedì 28 giugno 2011
Le sfince di S. Giuseppe
La frittella viene preparata con un impasto liquido e fritta in abbondante olio bollente; durante la cottura si gonfia, prendendo la classica forma dorata e soffice.
Nella pasticceria siciliana la classica frittella è stata trasformata in uno squisito dolce, preparato tradizionalmente per la festa di S. Giuseppe: idea delle capaci suore del Monastero delle Stimmate, a Palermo, la cui ricetta è stata poi tramandata ai pasticcieri della città.
Le Sfince di S. Giuseppe (sfingi ri S. Giuseppe) hanno forma un po’ più irregolare rispetto alle classiche frittelle, e sono riempite di crema di ricotta. Decorate all’esterno con un leggero strato di crema, pistacchio tritato e frutta candita.
L’origine del nome di questo dolce segue diverse correnti di pensiero: si pensa derivi dal latino “spongia” (spugna) o dal soprannome dato dagli arabi “sfang”, che le preparavano rivestendole semplicemente di miele o di zucchero.
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mercoledì 22 giugno 2011
Il Gelo di Melone
L’anguria è un frutto dalla polpa rossa e dolce: ha forma sferica o leggermente allungata, notevoli dimensioni, una corteccia verde con striature verde scuro e venne importato dall’Africa.
E’ facile trovarle, a Palermo, da Giugno fino a Settembre, accatastate in pile, accanto ad una tavola con tovaglietta a scacchi rossi, pronte per essere servite dal “mulunaru”, ovvero il venditore di meloni, che alla richiesta degli avventori taglia subito delle grosse fette. Il venditore prova se il melone è maturo in base al rumore ottenuto dando uno schiaffo alla corteccia: dopo di che, se soddisfatto dalla prova, lo taglia nel senso della lunghezza, in modo da trarne delle fette lunghe. La sensazione di dolce e di fresco che si prova nell’assaggiare una fetta di anguria matura è davvero eccezionale.
Durante il Festino, la sera del 14 luglio, nella piazza Marina a Palermo è immancabile la presenza dei “mulunari” e dei meloni, che vengono avidamente consumati dai palermitani in festa e dai turisti di passaggio. Insieme ai "babbaluci" ed alle "stigghiole".
Altra occasione in cui l’anguria è protagonista è la festa dell’Assunta, nella notte del ferragosto. Ma durante tutta l'estate regna sulle tavole dei palermitani come fine pasto.
Tipico dolce palermitano preparato con la polpa dell’anguria è il Gelo di Mellone o “Gelu i Muluni”, una gelatina a base di anguria, che viene addensata dalla fecola e decorata con gocce di cioccolato (che rappresentano i semi del melone), pistacchio tritato e fiori di gelsomino, che conferiscono al Gelo un sapore inconfondibile. Questa ricetta, molto antica, sembra avere origine dagli albanesi, che vissero in Sicilia prima come contadini e poi come militari. C’è chi sostiene invece che per la presenza del gelsomino e del pistacchio la ricetta abbia origini arabe. Preparare il gelo di melone è molto semplice. Occorre un’anguria molto matura di circa 7 Kg, che va tagliata a fette per ricavarne la polpa. Questa, privata dei semi viene frullata e occorre misurare quanti litri di succo si sono ottenuti. Per ogni lt di succo occorrono 90 gr di amido e 150 gr di zucchero (da diminuire se la polpa è molto dolce), e il tutto va portato ad ebollizione fino a che non si raggiunge la densità desiderata (simile ad un budino). Non appena pronto attendere che si raffreddi ed aggiungere le gocce di cioccolato (circa 200 gr).
Sistemare in una zuppiera e decorare con pistacchio tritato e fiori di gelsomino (precedentemente lavati e asciugati). Lasciare in frigo possibilmente per un giorno intero.
I pasticcieri palermitani offrono agli avventori il gelo in coppette da gelato oppure in scodelle di terracotta.
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venerdì 17 giugno 2011
Storia del Cannolo palermitano
Il nome “Carnevale” deriva dal latino “carnerm levare”, ed è la festa che precede la Quaresima, periodo nel quale l’antica tradizione vieta di mangiare la carne. Per questo, nei giorni del Carnevale, che partono dal giovedì fino al martedì antecedente le Ceneri, tutto era concesso. Chiaramente da tutto questo non poteva essere esente la gastronomia, che veniva arricchita in special modo dalla carne di maiale e dai dolci.
Ricette tipiche erano la carne “capoliata”, che veniva tagliata a pezzetti e cucinata con salsa di pomodoro. Condita poi con ricotta veniva posta sopra le tagliatelle caserecce. Altro piatto tipico era la salsiccia, arrostita alla brace ed “annaffiata” da vino rosso.
Dolce del periodo di Carnevale erano i Cannoli, (Cannola) il cui nome deriva da canna, ovvero l’antico rubinetto degli abbeveratoi. Uno scherzo carnevalesco nato in un Monastero che si diffonde in tutte le pasticcerie, che faceva uscire da un “rubinetto” crema di ricotta anziché acqua.
Il cannolo è formato da una cialda esterna (scorza) preparata con farina, marsala, uovo, zucchero e cacao. La pasta viene spianata e tagliata a quadrati, e viene avvolta in piccole canne, che anticamente erano di legno o di latta. Oggi sono in acciaio. Fase successiva è poi la frittura, che deve prolungarsi fino alla doratura del biscotto.
Bisogna fare molta attenzione al momento di staccare la canna dalla scorza.
Le scorze vengono poi riempite con crema di ricotta, decorate con scorze di arancia e cosparse di zucchero a velo e granella di pistacchio. Variante del cannolo palermitano sono i “cannolicchi”, preparati con scorze dal diametro di un dito.
Famosi sono i Cannoli di Piana degli Albanesi, famosi per le dimensioni sicuramente maggiori degli altri preparati in tutta la Sicilia.
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Storia della Cassata siciliana
Un antico proverbio palermitano recita: “"Tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri Pasqua" ("Meschino chi non mangia cassata la mattina di Pasqua"). Non deve mai mancare, infatti, dal banchetto della festa. Questa torta, tramandata nei secoli come specialità araba a causa del suo nome, Quas’at, ovvero la casseruola di forma circolare cilindrica e svasata sotto, in un veniva e viene tutt’oggi preparata. Ingredienti di questo famosissimo dolce siciliano sono il pan di Spagna, la ricotta, la pasta reale, la frutta candita ed il cioccolato a pezzetti. Sfarzosa da vedere per le sue tonalità, per le decorazioni di frutta candita che risaltano sul bianco della glassa, per la sua forma che richiama il sole, simbolo della vita, e che la pone come dolce della festa di Resurrezione.
La versione estiva della Cassata siciliana viene chiamata dai palermitani Cassaruolata, perché preparata in un tegame a forma di cupola. Ingredienti di questo dolce sono il gelato alla crema, la panna, pezzi di pan di Spagna, frutta candita e cioccolato a pezzetti.
Secondo la leggenda la Cassata venne creata per la prima volta da un contadino arabo, che la preparò con formaggio fresco e canna da zucchero e la chiamò Quas’at proprio per il nome della casseruola dove l’aveva lavorata In seguito fu migliorata dai cuochi dell’Emiro, che ricoprirono con pasta di pane la tuma zuccherata con zucchero di canna e la infornarono. Con il trascorrere degli anni fu perfezionata nei Conventi (in special modo nel Convento delle Suore di S. Maria in Valverde), che sostituirono la ricotta alla tuma ed aggiunsero il pan di Spagna. Divenne così famosa da essere inserita nel vocabolario latino siciliano di Angelo Senisio, dove al vocabolo Cassata risponde la dicitura “cibo composto da pane e formaggio”.
La Cassata siciliana dei giorni nostri fu creata da un pasticciere, il Cavaliere Salvatore Gulì, la cui pasticceria era ubicata in Corso Vittorio Emanuele, nei pressi di Palazzo Belmonte. Famosa era questa pasticceria per la creazione della “zuccata” (che un tempo veniva preparata dalle suore della Badia del Cancelliere di Palermo), che il pasticciere utilizzò per decorare la Cassata siciliana. La torta, così decorata, fu esposta per la prima volta ad una esposizione di Vienna, nel 1873.
Preparare una Cassata non è semplice: occorre foderare di Pan di Spagna il fondo della casseruola e foderare i bordi laterali con pezzetti di pan di Spagna e pasta reale verde in eguale misura. Riempire il tutto con crema di ricotta, preparata in precedenza. Chiudere poi con un altro disco di pan di Spagna e dopo averla tenuta in frigo per qualche ora occorre capovolgere la torta su un vassoio. Rivestire il tutto con la glassa di zucchero e fare solidificare. Quando lo zucchero è solido, decorare con la zuccata formando il classico disegno. Si utilizzano di solito mandarini, pere, e la zuccata a strisce. Piccole golosità sono “ i cassateddi” o le cassatine, formate da un cerchietto di pasta reale ripieno di crema di ricotta e ricoperte di glassa di zucchero.
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