venerdì 17 giugno 2011

Storia del Cannolo palermitano

Il nome “Carnevale” deriva dal latino “carnerm levare”, ed è la festa che precede la Quaresima, periodo nel quale l’antica tradizione vieta di mangiare la carne. Per questo, nei giorni del Carnevale, che partono dal giovedì fino al martedì antecedente le Ceneri, tutto era concesso. Chiaramente da tutto questo non poteva essere esente la gastronomia, che veniva arricchita in special modo dalla carne di maiale e dai dolci.

Ricette tipiche erano la carne “capoliata”, che veniva tagliata a pezzetti e cucinata con salsa di pomodoro. Condita poi con ricotta veniva posta sopra le tagliatelle caserecce. Altro piatto tipico era la salsiccia, arrostita alla brace ed “annaffiata” da vino rosso.

Dolce del periodo di Carnevale erano i Cannoli, (Cannola) il cui nome deriva da canna, ovvero l’antico rubinetto degli abbeveratoi. Uno scherzo carnevalesco nato in un Monastero che si diffonde in tutte le pasticcerie, che faceva uscire da un “rubinetto” crema di ricotta anziché acqua.

Il cannolo è formato da una cialda esterna (scorza) preparata con farina, marsala, uovo, zucchero e cacao. La pasta viene spianata e tagliata a quadrati, e viene avvolta in piccole canne, che anticamente erano di legno o di latta. Oggi sono in acciaio. Fase successiva è poi la frittura, che deve prolungarsi fino alla doratura del biscotto.

Bisogna fare molta attenzione al momento di staccare la canna dalla scorza.

Le scorze vengono poi riempite con crema di ricotta, decorate con scorze di arancia e cosparse di zucchero a velo e granella di pistacchio. Variante del cannolo palermitano sono i “cannolicchi”, preparati con scorze dal diametro di un dito.

Famosi sono i Cannoli di Piana degli Albanesi, famosi per le dimensioni sicuramente maggiori degli altri preparati in tutta la Sicilia.
Anna Squatrito - Coopyright 2011- E' vietato l'utilizzo totale o parziale del testo

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